CHE FINE FARANNO GLI OSPEDALI?

selterre

Negli anni 90 vennero chiusi gli ospedali più piccoli (Molinella, San Pietro in Casale, Crevalcore), negli anni seguentisi ridusse l’attività anche negli ospedali più grandi (come la chirurgia generale del Bellaria).

recentemente si è poi ridotta l’attività degli ospedali intermedi, bazzano sat vivendo una lenta agonia, Budrio trasformato senza infamia e senza lode in casa della Salute (attualmente l’unica casa della salute ospedaliera).

A San Giovanni in Persiceto da qualche mese si è licenziato (per trasferimento in altro nosocomio) il ginecologo, sostituito da un altro professionista a cui però non è stata costruita un’organizzazione pertanto l’attività chirurgica ginecologica langue. Da fine maggio anche l’ortopedico terminarà la sua attività (stessa motivazione del ginecologo) vedremo da chi e come verrà sostituito e quale organizzazione daranno al servizio. Da circa un anno siamo in attesa della riorganizzazione della rete ospedaliera e dell’ospedale di San Giovanni in Persiceto e da mesi dovrebbe essere data riorganizzazione della rete “DATER” ma di tutto ciò attualmente non si sa nulla.

Chiediamo all’assessore regionale Dott. Venturi e alla Direzioe generale dell’AUSL di Bologna di comunicare quale sorte riserveranno agli ospedali della Provincia di Bologna

 

si

ITALIKUM, LE RAGIONI DEL NO

italicum

Adesso che la riforma elettorale (italicum) è stata trasformata in legge (L. 6 maggio 2015 n. 52) il discorso sul sistema elettorale del nostro Paese  non è chiuso.

Per l’italicum si è voluto procedere a tappe forzate, ricorrendo addirittura alla fiducia, come avvenne nel 1953 per la legge truffa, evidentemente per nascondere sotto l’asfalto del decisionismo governativo le scorie tossiche (per la democrazia) del nuovo sistema ed evitare ogni reale dibattito.

E tuttavia, proprio com’è accaduto per il porcellum, è l’insostenibilità costituzionale e politica del nuovo sistema che rende necessario riaprire il dibattito per far emergere le storture che devono essere corrette.

La legge elettorale, lungi dal rappresentare un’asettica tecnica di selezione della rappresentanza, è il principale strumento attraverso il quale si realizza un ordinamento rappresentativo e viene data concreta attuazione al principio supremo posto dall’art. 1 della Costituzione che statuisce: “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione”..

Orbene la Corte Costituzionale, con una pronuncia storica è intervenuta nel campo del diritto elettorale, riconoscendo che anche questo terreno squisitamente politico deve essere coerente con i principi costituzionali e con diritti politici del cittadino.

E’ da qui che bisogna partire per giudicare la sostenibilità del nuovo sistema elettorale.

La Corte costituzionale con la sentenza 1/2014 ha dichiarato incostituzionali due istituti della legge Calderoli:

  • le liste bloccate, riconoscendo ai cittadini elettori il diritto di scegliersi i propri rappresentanti esprimendo (almeno) una preferenza;

  • il meccanismo  che attribuiva alla minoranza “vincente” un premio di maggioranza senza soglia minima.

La Corte non ha contestato di per sé qualsiasi meccanismo correttivo dei voti espressi  attraverso un premio di maggioranza, ma ha dichiarato costituzionalmente intollerabile che possa essere attribuito un premio di maggioranza “senza soglia” perchè l’effetto sarebbe quello di produrre una distorsione enorme fra la volontà espressa dagli elettori ed il risultato in seggi, determinando un vulnus intollerabile all’eguaglianza del voto e al principio stesso della sovranità popolare.

Nessun sistema elettorale è in grado di assicurare una perfetta corrispondenza fra i voti espressi ed i seggi conseguiti da ciascuna forza politica che partecipa all’agone elettorale. Questo però non consente di buttare a mare il principio espresso dall’art. 48 della Costituzione secondo cui il voto è libero ed uguale, diretta conseguenza del principio di eguaglianza e di partecipazione espresso dall’art. 3 Cost.

La legge Calderoli aveva istituzionalizzato la diseguaglianza dei cittadini italiani nel voto, attraverso il meccanismo previsto dall’art. 83 che prevedeva la formazione di un “quoziente di maggioranza” e di un “quoziente di minoranza”.

Nelle elezioni del 2013 il quoziente di maggioranza è stato di circa 29.000 voti, mentre quello di minoranza è stato superiore a 80.000 voti (cioè per eleggere un deputato nei partiti “premiati” sono stati sufficienti 29.000 voti popolari, mentre per eleggere un deputato per tutti gli altri partiti sono occorsi più di 80.000 voti popolari)  Il rapporto fra i due quozienti è stato di 2,66. Basti pensare che il PD con 8.646.457 voti (25,42%) ha ottenuto 292 seggi (pari al 47%) mentre il Movimento 5 stelle con 8.704.969 (25,56%) ha ottenuto 102 seggi (pari al 16,5%).

La Consulta ha dichiarato incostituzionale il porcellum proprio per evitare il ripetersi di una simile insostenibile distorsione fra la volontà espressa dal popolo italiano ed i risultati in termini di composizione della Camera rappresentativa.

Orbene l’Italicum finge di adeguarsi alle prescrizioni della Corte sia per quanto riguarda le liste bloccate, sia per quanto riguarda il premio di maggioranza, ma in realtà si sbarazza dei paletti che la Consulta ha posto alla discrezionalità del legislatore, riesumando una versione peggiorata del porcellum.

L’italicum apparentemente abbandona il sistema delle liste bloccate (in cui i deputati sono eletti in base all’ordine di lista, senza che l’elettore possa mettervi becco), rendendo bloccati “soltanto”i capilista, mentre gli altri deputati vengono eletti sulla base delle preferenze. Però c’è un trucco. Vengono creati 100 collegi di dimensioni variabili da tre a sei seggi. Poiché difficilmente un partito elegge, in collegi così ridotti, più di un deputato, ecco che buona parte dei deputati non saranno scelti dagli elettori con il voto di preferenza ma saranno direttamente “nominati”dai capi dei partiti.

Ma ancor maggiore è lo scostamento dalle prescrizioni della Consulta in tema di premio di maggioranza. Anche in questo versante l’italicum finge di adeguarsi perchè introduce una soglia minima al premio di maggioranza (40%), con ciò legittimando, peraltro, un premio di maggioranza notevolissimo (il 15%, pari a circa 90 seggi), equivalente a quello stabilito dalla legge truffa. Nella realtà quest’adeguamento viene rinnegato con un trucco. Alle elezioni del 1953, la coalizione governativa non raggiunse per pochi voti la soglia minima (50%) ed il premio di maggioranza non scattò. Per evitare questo rischio il legislatore moderno ha risolto il problema, rendendo la soglia minima rimuovibile, attraverso l’istituto del ballottaggio su base nazionale fra le due liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti.

In questo modo l’italicum non solo non abolisce il meccanismo del premio di maggioranza senza soglia censurato dalla Corte costituzionale, ma addirittura lo esalta perché attribuisce il premio ad una unica lista, anziché alle coalizioni.

E’ questo l’aspetto più preoccupante della nuova legge elettorale.

L’italicum smantella ogni possibile coalizione perchè attribuisce il premio di maggioranza ad una sola lista. Per legge viene attribuita la maggioranza politica e la guida del Governo ad un solo partito, a prescindere dalla volontà del popolo sovrano. In questo modo viene reintrodotto nel nostro paese un sistema di governo basato sul partito unico.  Per rendersi conto della gravità di questa svolta, basti pensare che dal 24 aprile del 1944 (secondo governo Badoglio) ad oggi si sono sempre e solo succeduti governi di coalizione, o quantomeno sostenuti da una maggioranza di coalizione, mentre un governo del partito unico in Italia è esistito soltanto nel ventennio fascista. Fu proprio la legge elettorale dell’epoca (legge Acerbo) che consentì l’avvento di un partito unico al governo, attribuendo nelle elezioni del 1924 una maggioranza garantita al “listone”.

Poichè il sistema politico italiano non è bipolare, né tantomeno bipartitico il meccanismo elettorale congegnato è destinato a produrre naturalmente – soprattutto attraverso il ballottaggio – una fortissima distorsione fra la volontà espressa dal corpo elettorale ed i seggi conseguiti dalle singole forze politiche, istituzionalizzando la diseguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto di voto.

Le due simulazioni che seguono rendono più chiari gli effetti perversi di questo sistema.

Queste semplici considerazioni dimostrano che l’Italicum è una legge insostenibile poichè aggredisce i fondamenti della democrazia repubblicana e ferisce uno dei principi che non può essere oggetto di revisione costituzionale: quello dell’eguaglianza dei cittadini.  L’ aspetto più preoccupante dell’italicum è che attraverso questo percorso di manipolazione della rappresentanza viene cambiata profondamente la forma di governo e squilibrata ogni forma di contrappeso istituzionale poiché un solo partito – per legge – avrà in  mano le chiavi del governo e della maggioranza parlamentare. Senza mediare con nessuno, potrà determinare l’elezione del Presidente della Repubblica e attraverso di lui influire sulla composizione della Corte costituzionale, neutralizzandone la funzione di controllo. L’italicum è una pistola carica puntata alle tempie della democrazia.

Questa minaccia può essere disinnescata soltanto attraverso i due referendum abrogativi proposti dal Comitato per il No all’italicum ed è per questo che il Comitato, nato dal Coordinamento per la Democrazia Costituzionale ha lanciato la raccolta firme.

si

ADESIONE AL REFERENDUM SULLE TRIVELLE DEL 17 APRILE

Comunicato stampa

 

Il Circolo di Sinistra Ecologia e Libertà “Fazio Goretti” di Terred’acqua aderisce alla campagna referendaria nazionale di Sinistra Italiana – SEL per il si alla legge che blocca nuove trivellazioni in mare vicino alla costa.

Saremo nei Comuni di Terred’acqua con banchetto informativo

 

Chi volesse collaborare può contattarci a: sel.unioneterredacqua@gmail.com

 

Comunicato stampa

sel tda

Nuovamente la ditta svizzera GUESS comunica l’intenzione di chiudere lo stabilimento Guess service di Crevalcore, mettendo a serio rischio il posto di lavoro dei 30 dipendenti rimasti, per l’85% donne, tutto questo in un periodo di congiuntura negativa che impensierisce maggiormente i dipendenti.

APPOGGIA

i lavoratori nella loro battaglia a difesa del posto di lavoro, apprezzando il senso di responsabilità degli stessi, che non hanno interrotto la propria attività, per spirito di collaborazione, visto che l’azienda è sotto campionario.

CHIEDE

a Paul Marciano, patron del gruppo GUESS di rivedere la prorpia decisione, anche in considerazione del fatto che, l’attività residua a Crevalcore era stato oggetto di un accordo di 2 anni fa, fra proprietà, parti sociali ed istituzioni, con l’impegno di mantenere attivo il presidio di Crevalcore per attività di ricerca e sviluppo stilistico,

SI UNISCE

alle istituzioni locali  in tutte le iniziative che vorranno intraprendere, per la difesa del posto di lavoro dei dipendenti in questione.

Sinistra ecologia LIBERTA’ a sostegno del lavoro  ed a difesa delle lavoratrici e dei lavoratori, sempre piu indifesi e non tutelate dall’introduzione del Jobs Act e dalla cancellazione dell’Art.18

No alla privatizzazione dell’acqua e dei beni pubblici locali

acquaUn altro colpo viene inferto alla volontà dei cittadini chiaramente espressa nei referendum del 2011: quando 26 milioni di concittadini hanno imposto che l’acqua e i servizi pubblici locali siano considerati beni comuni fuori dalle logiche del mercato e della finanziarizzazione.

Oggi, il premio che le norme contenute nella legge di stabilità concedono ai comuni è quello di utilizzare i proventi delle vendite delle azioni delle partecipate pubbliche fuori dal patto di stabilità. Si tratta di un chiaro incentivo verso un percorso di privatizzazione dei beni comuni come l’acqua e dei servizi pubblici locali.

Scendere sotto il 51% di proprietà pubblica in aziende come HERA o le altre società decisive per l’erogazione di servizi pubblici locali che garantiscono diritti umani fondamentali come l’acqua, rappresenta un punto di non ritorno per la loro privatizzazione.

Significa per le amministrazioni pubbliche cedere campo libero alla gestione finalizzata al profitto e dominata dalla finanza.

Significa rinunciare a gestire la cosa pubblica negli interessi dei cittadini, dei lavoratori, del territorio nel suo insieme.

Significa accettare il progressivo aumento delle bollette e la riduzione degli investimenti, a favore dei dividendi distribuiti agli azionisti.

Non ci sono ragioni accettabili in questo processo di espropriazione,  né politiche, né di bilancio.

Proponiamo invece che il pubblico si riappropri del governo del territorio con l’obiettivo di svolgere, anche attraverso le proprie aziende, una funzioni anticrisi e di riconversione ecologica ed ecosostenibile del sistema territoriale e di creazione di buona e stabile occupazione.

Investimenti nelle reti idriche, qualità dell’aria delle città, trasporti pubblici ecosostenibili, riciclo e riuso dei rifiuti, energie alternative, dissesto idrogeologico, bonifica dell’amianto, ristrutturazione degli edifici e recupero e riutilizzo delle aree industriali dismesse in alternativa a nuove cementificazioni e consumo del territorio, sono i campi su cui rilanciare il nostro sistema sociale ed economico.

Chiediamo pertanto ai sindaci che hanno intrapreso questo percorso, di invertire la rotta e onorare la carica pubblica di cui sono stati investiti, decidendo invece di avviare una riflessione partecipata sul futuro di questi servizi, nel contesto della crisi nella quale siamo immersi: crisi economica, sociale ed ambientale, che richiede nuove risposte e una democrazia partecipata all’altezza.

Divieto di Passante (Nord)

passanteSi dimostri prima l’utilità e l’interesse pubblico e poi eventualmente si discuta, secondo i principi della partecipazione, delle soluzioni tecniche ed economiche.

Questo crediamo dovrebbe essere lo spirito che guida le scelte della politica, in particolare se si parla di realizzare grandi infrastrutture o urbanizzare parti di territorio dove vivono comunità di persone. Nel caso del passante nord si realizzerebbero entrambe gli scenari: la posa di una grande infrastruttura e l’inevitabile urbanizzazione diffusa che ne deriverebbe.

Il territorio non è infinito, e soprattutto è prezioso. Prima di impedire la coltivazione di 8000 ettari di terreno agricolo e fertile, questa sarebbe l’entità dell’area di rispetto preclusa all’agricoltura biologica, piazzandogli sopra una muraglia di circa 40 Km e alta 3,7 metri, altezza del rilevato necessario per difendere il nuovo tracciato dalle alluvioni (!!), forse dovremmo davvero interrogarci con tutta la buona fede se questa opera sia davvero indispensabile. Non è possibile individuare soluzione alternative e meno impattanti per decongestionare il traffico su gomma che gravita attorno al nodo di Bologna ? Noi crediamo di si, ad esempio lavorando davvero per spostare parte di quel traffico su rotaia.

Fin dall’inizio del progetto siamo stati fermamente contrari alla realizzazione di questa opera, come già espresso nel post Il passante nord è inutile e distruttivo dove Fausto Tomei, evidenzia le maggiori criticità di questo progetto. Qui le riepiloghiamo per punti :

1. L’opera si basa su una previsione di incremento del traffico che non c’è stata e che le ultime stime (di società Autostrade) dicono che non ci sarà.

2. A chi crede che la realizzazione del passante servirà ad ampliare il tracciato della tangenziale ricordiamo che tangenziale e autostrada attuale non verrebbero unite per divenire a 5 corsie, come erroneamente si crede, il passante è solo una integrazione a due corsie dell’autostrada. Le corsie dell’autostrada attuale e della tangenziale resterebbero separate, con 4 punti di bypass e un complesso sistema di pagamento.

3. La società autostrade valuta un 12% di traffico leggero intercettato dal passante, nessun miglioramento sostanziale per la tangenziale di Bologna (che resterebbe a due corsie) e una probabile crescita del 6% del traffico di TIR sulla viabilità ordinaria.

4. Richiede tempi di realizzazione lunghissimi: 40 km di attraversamenti stradali, ferroviari/fluviali/gallerie, espropri e contenziosi legali, acquisizione dati e studi da completare.

5. Aumento complessivo delle polveri sottili e CO2 emessa.

6. I modesti vantaggi del Passante Nord si otterrebbero solo al termine di tutta l’opera mentre per molti anni la situazione del traffico peggiorerebbe anche a causa dell’interferenza dei cantieri sulla viabilità normale

7. Monopolizzerebbe in un’unica inutile opera enormi investimenti ( 1.860 milioni di euro) sottraendoli ad altre opere importanti e urgenti che risolverebbero singole criticità in numerosi punti della città e della provincia.

8. Divora 750 ettari di territorio cementificandolo per sempre e sottraendo 8.000 ettari all’agricoltura biologica o integrata.

9. Esistono soluzioni più efficaci e molto meno costose come quella sviluppata dal Comitato per l’Alternativa al Passante Nord di Bologna.

La totale INUTILITA’ trasportistica dell’opera è sancita dal parere anche della stessa società autostrade.

Il movimento che si oppone al passante sta crescendo coinvolgendo in questi ultimi mesi anche i livelli istituzionali con riunioni sull’argomento e consigli comunali aperti nei comuni interessati (Zola Predosa, Calderara, Argelato, Bentivoglio, Castelmaggiore, Granarolo, Castenaso, Budrio, Sala Bolognese, San Lazzaro e Bologna). Tutti i sindaci, tranne quello di Bologna, hanno firmato un appello affinché “venga realizzato uno studio attualizzato da parte della Città metropolitana e della Regione, prima che si avvii la progettazione preliminare, da cui dovrà prendere le basi di lavoro”.

Nell’appello si legge anche si potrà cominciare a discutere del passante “solo se sarà dimostrato che serve e che avrà un valore strategico. E poi vogliamo dire a coloro che dicono che ‘bisogna fare a prescinderè, che noi invece non faremo mai a prescindere” ma “solo se la comunità bolognese avrà un evidente vantaggio”. SEL non può che essere felice di questa presa di posizione che naturalmente condivide. Inoltre il 29 gennaio 2015 il consiglio comunale di Castenaso, durante una affollatissima assemblea, ha approvato all’unanimità la mozione condivisa da tutti i gruppi consiliari che dichiara “la propria contrarietà alla realizzazione del cosiddetto passante nord e si adopererà in ogni sede per evitare ogni ulteriore spreco di denaro e risorse pubbliche”.

Federico Grazzini – Responsabile Ambiente SEL Bologna

Bici gratis sui treni regionali?

biciTrenoSEL Bologna, tramite il forum ambiente e i suoi consiglieri comunali e regionali, si è subito attivata per reintrodurre l’abbonamento per il trasporto bici sul treno, cancellato a dicembre 2014, durante una ulteriore fase di automazione digitale del servizio di emissione biglietti. Il fatto ci è stato segnalato da Sara Poluzzi, una pendolare che da 8 anni sfrutta con successo l’intermodalità dei mezzi pubblici caricando la bici sul treno ad un costo accessorio di 120 euro annuali oltre all’abbonamento personale . La cancellazione dell’abbonamento comporta un aggravio di oltre 700 euro. Questa decisione, dovuta al decadimento di un accordo Fiab – Trenitalia va decisamente contro la logica di incremento del trasporto sostenibile che invece la Regione dovrebbe pervicacemente sostenere in tutte le sue forme.

Sara ha dato vita ad una petizione su Change.org, indirizzata a Trenitalia, che ha riscosso un enorme successo, raccogliendo oltre 50.000 firme in dieci giorni. L’alto numero di adesioni è una dimostrazione evidente le che persone, sia per i costi elevati del trasporto privato, sia per una sempre maggiore coscienza ambientale, stanno puntando sempre di più sul trasporto pubblico o sulla bicicletta per i movimenti nelle città o casa-lavoro.

Trenitalia da parte sua ha risposto alla petizione che nulla impedisce la reintroduzione dell’abbonamento ma che la decisione spetta alla Regione. “Ciascuna Regione infatti, nell’ambito del contratto di servizio con le imprese ferroviarie- dice la nota- puo’ autonomamente stabilire anche l’introduzione di forme di abbonamento particolari per i servizi di propria competenza, incluso quello che prevede il trasporto delle bici a bordo dei treni regionali. Nulla preclude l’autonoma scelta delle singole Regioni di stabilire forme di abbonamento o altre agevolazioni per il trasporto delle biciclette sostenendone il costo”-scrive Trenitalia.

Sulla base di questo quadro normativo SEL sta ultimando ulteriori approfondimenti per arrivare a formulare una richiesta, che sarà presentata all’Assessore ai Trasporti regionale il 22 gennaio prossimo, in concerto con Fiab e l’associazione Salvaciclisti. Tale richiesta verterà non solo su il ripristino dell’abbonamento (atto minimo) ma su una revisione dell’intera regolamentazione del trasporto bici sul treno tesa a rimuovere gli ostacoli attualmente presenti. In particolare occorrerebbe uniformare le pratiche nelle varie regioni e per i vari enti gestori (Trenitalia, FER e altri in altre regioni) e soprattutto andare verso l’abolizione del biglietto per la bicicletta. Quest’ultima decisione, tecnicamente fattibile e già adottata in alcune regioni, rappresenterebbe davvero un concreto segno, un deciso cambio di rotta, verso un trasporto pubblico che rispecchia le esigenze dei cittadini, siano essi pendolari, turisti o semplici viaggiatori occasionali. Soprattutto rappresenterebbe un cambio di rotta rispetto agli anni precedenti caratterizzati, in Emilia-Romagna, da una riduzione del trasporto regionale di trasporto bici che è passato da una copertura del 85% dei convogli nel 2011 al 45% nel 2012. A tale decisione dovrebbe infatti corrispondere un opportuno incremento dei vagoni destinati al trasporto bici o l’istituzione di fasce orarie dedicate. Una migliore regolamentazione di questo servizio potrebbe a significativi effetti anche sull’indotto turistico come dimostrano le cifre riportate da altri paesi. L’indotto cicloturistico, favorito da una capillare rete di trasporti pubblici, assomma a circa 1 milione di presenze in Austria e a 4,7 milioni in Svizzera per un fatturato rispettivamente di 45 milioni di euro e 95 milioni di euro. Daremo battaglia !!

Vedi anche Presentato un disegno di legge sulla moblità ciclabile

Forum Ambiente SEL Bologna

HUMAN FACTOR – cogli il segno del cambiamento

humanfacSinistra Ecologia Libertà promuove un appuntamento nazionale di riflessione e di ricerca, per innovare la sinistra e l’ecologismo italiani. Renderemo praticabile una prospettiva, insieme culturale e politica, una strada alternativa, per dare un significato non retorico alle parole futuro e società partendo dalla qualità della vita delle persone.

HUMAN FACTOR – il segno del cambiamento” si terrà a Milano dal 23 al 25 Gennaio 2015 alla Permanente (Via Turati 34). HUMAN FACTOR esce dalla concezione della politica come pura comunicazione, dalla catena di annunci in cui sembra rinchiudersi il dibattito. Darà spazio alla realtà della vita umana che irrompe sulla scena pubblica dell’Italia in crisi.

Sarà un incontro aperto, a cui potranno partecipare tutti i cittadini, intellettuali di diverse provenienze culturali, esponenti politici dell’intera sinistra italiana e internazionale, attivisti delle realtà sociali che si battono per una società migliore.

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HUMAN FACTOR darà voce anche alle nuove esperienze, collocate sui crinali della contemporaneità e capaci di accompagnare una riflessione che andrà oltre i recinti, che indicherà la strada per raggiungere nuove conquiste per la società.

Per noi tre giorni di lavoro intenso, che non saranno una sfilata di interventi, ma veri laboratori orientati a produrre report programmatici, progetti e riflessioni per lasciare il segno nella politica italiana. Siamo la sinistra che costruisce, non è nelle nostre corde restare a guardare mentre la vita di milioni di persone continua a peggiorare.

Sul sito www.humanfactorlab.it si trovano i primi documenti e contributi alla discussione (tutti commentabili).  Giorno dopo giorno pubblicheremo nuove riflessioni e le informazioni complete sui laboratori, sui partecipanti ed altri avvenimenti che si svolgeranno nella tre giorni di Milano.

SEL ER: Delega Lavoro, sostegno a mobilitazioni lavoratori in regione

sel.er

Sel Emilia Romagna esprime netta contrarietà alla decisione del Governo di portare avanti i provvedimenti in tema di lavoro, senza alcuna discussione in sede parlamentare e attraverso la scelta di porre il voto di fiducia al Senato.

Lo afferma Cristina Liverani, responsabile Lavoro e Welfare della segreteria regionale di SEL.

Confermiamo il nostro giudizio negativo sull’insieme della Delega – prosegue Liverani – che colpisce l’intero sistema delle tutele del mondo del lavoro, liberalizza i licenziamenti e non risolve il problema della disoccupazione e della precarietà.

Per queste ragioni, sia di merito che di metodo – conclude Liverani – condividiamo e sosteniamo tutte le iniziative di mobilitazione dei lavoratori, promosse dalle categorie della Cgil (a partire dalla Fiom) su tutti i territori della regione, in concomitanza con il voto di fiducia e nei prossimi giorni.

SEL ER

FATE IL LAVORO, NON FATE LA CRISI

crisi

Stiamo raccogliendo le adesioni per chi volesse venire con noi a Roma e partecipare alla manifestazione “Fate Lavoro, non fate la Crisi” del 4 ottobre in Pzza SS Apostoli promossa da Sinistra Ecologia Libertà. Saranno sul palco Nichi Vendola, Giuseppe Civati, Maurizio Landini, Curzio Maltese e molti altri per una nuova politica economica e per dire basta ai fallimenti dell’austerity. Il costo del viaggio sarà di 15 Euro per i lavoratori e 10 Euro per gli studenti e disoccupati. Potete aderire scrivendo a sinistraelibertabo@gmail.com o chiamando il numero 349-2309002