No alla privatizzazione dell’acqua e dei beni pubblici locali

acquaUn altro colpo viene inferto alla volontà dei cittadini chiaramente espressa nei referendum del 2011: quando 26 milioni di concittadini hanno imposto che l’acqua e i servizi pubblici locali siano considerati beni comuni fuori dalle logiche del mercato e della finanziarizzazione.

Oggi, il premio che le norme contenute nella legge di stabilità concedono ai comuni è quello di utilizzare i proventi delle vendite delle azioni delle partecipate pubbliche fuori dal patto di stabilità. Si tratta di un chiaro incentivo verso un percorso di privatizzazione dei beni comuni come l’acqua e dei servizi pubblici locali.

Scendere sotto il 51% di proprietà pubblica in aziende come HERA o le altre società decisive per l’erogazione di servizi pubblici locali che garantiscono diritti umani fondamentali come l’acqua, rappresenta un punto di non ritorno per la loro privatizzazione.

Significa per le amministrazioni pubbliche cedere campo libero alla gestione finalizzata al profitto e dominata dalla finanza.

Significa rinunciare a gestire la cosa pubblica negli interessi dei cittadini, dei lavoratori, del territorio nel suo insieme.

Significa accettare il progressivo aumento delle bollette e la riduzione degli investimenti, a favore dei dividendi distribuiti agli azionisti.

Non ci sono ragioni accettabili in questo processo di espropriazione,  né politiche, né di bilancio.

Proponiamo invece che il pubblico si riappropri del governo del territorio con l’obiettivo di svolgere, anche attraverso le proprie aziende, una funzioni anticrisi e di riconversione ecologica ed ecosostenibile del sistema territoriale e di creazione di buona e stabile occupazione.

Investimenti nelle reti idriche, qualità dell’aria delle città, trasporti pubblici ecosostenibili, riciclo e riuso dei rifiuti, energie alternative, dissesto idrogeologico, bonifica dell’amianto, ristrutturazione degli edifici e recupero e riutilizzo delle aree industriali dismesse in alternativa a nuove cementificazioni e consumo del territorio, sono i campi su cui rilanciare il nostro sistema sociale ed economico.

Chiediamo pertanto ai sindaci che hanno intrapreso questo percorso, di invertire la rotta e onorare la carica pubblica di cui sono stati investiti, decidendo invece di avviare una riflessione partecipata sul futuro di questi servizi, nel contesto della crisi nella quale siamo immersi: crisi economica, sociale ed ambientale, che richiede nuove risposte e una democrazia partecipata all’altezza.

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